Francesco Cusa: "Vic nasce per ridonare all’Occidente l’aura mitica della legge di natura"


È disponibile in libreria e negli store online “VIC”, il nuovo romanzo di Francesco Cusa, pubblicato da Algra Editore, con la prefazione di Massimo Cracco e la postfazione di Giuseppe Paolo Carbone.

Chi è Francesco Cusa
Francesco Cusa è un batterista, compositore, scrittore catanese. Intraprende lo studio del pianoforte, poi passa alla batteria. Si trasferisce a Bologna nel 1989, dove si laurea al Dams nel 1994. In quell’humus ha modo di collaborare con artisti provenienti da varie parti d’Italia e il suo percorso artistico lo porterà a suonare, negli anni, in Europa, America, Asia e Africa. Da sempre interessato all’interdisciplinarità artistica, è anche scrittore di racconti, romanzi e poesie e ha pubblicato diversi articoli di musicologia e di critica cinematografica presso molte riviste specializzate. 
Il 5 maggio 2014 ha pubblicato per Eris Edizioni il libro “Novelle crudeli. Dall'orrore e dal grottesco quotidiani”. L'autore usa il fantastico, l'horror più macabro e il surreale per raccontarci ciò che di più basso smuove i vizi, gli istinti e le morbosità dell'uomo contemporaneo. Cinico e impietoso descrive un'umanità malata incapace di redimersi. Nel 2017 è uscito “Racconti molesti” (Eris Edizioni). I racconti di Cusa sono cattivi, ironici e caustici, l’autore è un feticista della morbosità e dell’inettitudine patologica che si diverte a scandagliare vizi e tabù culturali di una realtà che scricchiola in maniera inquietante, anche se le crepe restano invisibili. Il libro è illustrato da Daniele La Placa.
Per Algra Editore ha pubblicato “Stimmate” (2018) e “Il surrealismo della pianta grassa” (2019). 
Vincitore del Festival Internazionale del Libro e della Cultura Etnabook 2021 - Sezione Poesia; primo posto con la poesia “Armenti”, secondo posto con “Ottobre Vuoto” e quinto posto con “Stacanovisticamente”. 
Per Robin Edizione ha pubblicato “Il mondo chiuso” (2021) una raccolta di poesie che narra di lutti, animismo, panteismo, catarsi e redenzione. Nel perenne gioco di rimandi al chiuso universo della strofa poetica, si realizzano le mutazioni del linguaggio, le eclissi e le palingenesi dei mondi, i battiti della microstoria.

L'intervista

Qual è stato l’input che ti ha spinto a scrivere “VIC”?
La “verità”. Rispetto alle società del passato, immerse nella trascendenza e soggiogate dal mito, la nostra contemporaneità pare aver rimosso la magia, l’irrazionalità dal proprio quotidiano. Ma questa è solo l’apparenza; sotto la scorza della morfologia dell’essere del 2021, operano diversi strati: l’ancestrale misterioso delle civiltà del passato, l’Aletheia, il sapere che sfugge alle maglie della razionalità. Vic è un uomo conficcato in una realtà metafisica, la cittadina di Cotrone, che potrebbe ricordare la “Twin Peaks” lynchiana, ed in essa vive, in una temporalità contraddittoria, a fianco dei vivi e dei morti. In questo senso è un personaggio negativo che si oppone alla positività priva di limiti (e perciò logorante) della normalizzazione, l’ultimo baluardo identitario contro l’omologazione.


Quale messaggio vuoi trasmettere con il tuo nuovo romanzo?
Vic nasce per ridonare all’Occidente l’aura mitica della legge di natura, ciò che prevale rispetto alla legge morale; in buona sostanza per restituire l’uomo alla sua sacralità. Forse è giunto per consentirmi di esplorare alcuni aspetti oscuri della mia coscienza. Vic si muove nel paradosso della sua vita sregolata e la sua traiettoria incrocia quella del microcosmo di Crotone, invischiando in una ragnatela tutti i personaggi del romanzo. In un certo senso egli è una sorta di santo, di martire, e come tutti i martiri è spinto fino agli estremi del sacrificio in virtù di una visionarietà che non conosce, appunto, limiti terreni. Cotrone è un non-luogo, una specie di realtà morfologica alienata, un limbo posto fuori o sul limitare del Divenire in cui si muovono i protagonisti del romanzo (della mente di Vic, di quella dell’autore). È tutta una periferia di qualcosa, una palude metafisica in cui i morti paiono più vivi dei vivi. Forse mi riconosco in questa esplorazione del limite, inteso più in chiave spirituale che materico-corporale, nella costante ricerca della relazione tra mondo dei vivi e mondo dei morti. Il Sacro è parte carsica del nostro tempo “scientifico”, permea le nostre vite, la vita di Vic, in maniera carsica, sotterranea. Vic è una sorta di osceno pontefice che opera fra le maglie del linguaggio, funge da catalizzatore di una determinata polarità. 

Quanto tempo hai impiegato a scrivere la storia?
Direi circa sei mesi.

Se dovessi consigliare una colonna sonora come sottofondo durante la lettura di “VIC”, cosa sceglieresti?
L’intera colonna sonora di Morricone in “C’era una volta in America”.

Stai lavorando su dei nuovi progetti in questo momento?
Ho appunto quasi terminato la mia quinta raccolta poetica “Il Giusto Premio”, un nuovo romanzo - “2056” - di natura distopica e fantascientifica, una raccolta di sonetti dal titolo “Rime Sboccate”, un altro saggio dal titolo “L’Orlo Sbavato della Perfezione”.