Daniela D’Angelo: quanta bellezza in questo “Petricore”


Probabilmente uno dei nostri ascolti più interessati degli ultimi mesi. Parliamo di Daniela D’Angelo, cantautrice che arriva ad un esordio già con estrema maturità sulle spalle anche grazie ad una carriera lunga di musica, live e interpretazioni. Un disco come “Petricore” che porta la firma di Vito Gatto nella direzione artistica, un bel digipack raffinato nella sua estetica artigianale, fatta a mano: da una parte il suono futuristico che soddisfa la curiosità e mette in scena tantissima personalità a controbilanciare una voce assai classica. Dall’altra un oggetto antico, un Cd, un cartonato, un legaccio… un lavoro raffinato che merita una segnalazione di merito nel troppo obeso sistema di dischi tutti uguali. Si dipana quasi con distopia “Petricore”, ci immerge in un modo parallelo, di lunghe vedute su un futuro quasi aderente con il tempo presente. Sembra un film di fantascienza dentro cui alberga comunque l’uomo e la sua fragilità. E di fragilità, in queste canzoni, ne troviamo assai… i rapporti, le proprie certezze, le proprie contraddizioni, la resiliente ricerca di una propria immagine di verità. La D’Angelo veste a pieno questo ascolto, sembra coerente, credibile, per quanto il meraviglioso intarsio sonoro digitale di Gatto ci conduce verso sensazioni di una produzione che spesso si distacca dalla persona che lo conduce, lo canta. Come a dire: un vestito di scena che non metterei però nei giorni normali. Forse nella quotidianità, la D’Angelo somiglia più al suono di “Esercitazioni”, un dipinto d’autore e di pop di “sola” chitarra e voce, nuda e sintetica, vera come la sua voce. L’estetica vince e forse vince con un distacco maggiore sul contenuto che comunque si gioca carte importanti. Un disco dunque prezioso per tener alto il tiro di una canzone d’autore ormai bistrattata sotto le più feroci mode della liquidità ad uso e consumo della velocità. “Petricore” va vissuto e non solo ascoltato.