Serena: la terra sprecata dentro un disco noir

Esordio digitale in forma di Ep, davvero molto interessante… si intitola “Welcome to Wasteland” il primo lavoro di Serena, cantautrice italiana di stanza a Londra. E infatti l’approccio è internazionale con quel pizzico timido di avanguardia distopica e psichedelica, acida quanto basta per sottolineare il malessere interiore che cerca una via per la soluzione e la pace. Disco dal forte potere evocativo che sa come affascinare e come trasportarci lontano dalle corse liquide di questa nostra nuova normalità.

Come non citare lungamente “Ophelia”, il brano forse più importante (spiritualmente parlando) di questo disco? Parliamo di questa importanza umana e personale. Posso chiederti di quale tempesta parliamo?
Parla della tempesta interiore che avevo dentro quando ho scritto il brano (attacchi di panico, ansia continua, stress) comparata alla tempesta esterna che c’era quel giorno (l’uragano Ophelia appunto, si era trasportato con se sabbia rossa dal deserto ed aveva tinto il cielo di Londra di un arancio caldo). Sembrava di essere dentro ad un film apocalittico.

Il cielo arancione di Londra… la tempesta che cambia volto alle cose, ai contorni, che fa perdere l’orientamento. Questa è la vita. Ci vedi anche la quiete dopo?
Certamente. Tutto passerà, nel bene e nel male. Ed e’ proprio quello a cui dobbiamo guardare, anche se non e’ facile quando sei dentro l’occhio del ciclone, di primo istinto vorresti solo lasciarti travolgere e farti portar via invece che continuare a resistere al vento impetuoso.

E spesso, non solo in questo brano, cerchi di farci perdere l’orientamento, con soluzioni inaspettate che spesso giocano proprio sull’evoluzione del suono (o dell’estetica della voce come in questo caso). Il resto della scrittura si poggia sempre su forme ben solide. Perché questa scelta?
La composizione dei mie brani deve sempre rispettare l’arco narrativo della storia che raccontano, sia a livello sonoro che lirico. 
Mi piace rispettare la struttura pop standard (strofa-ritornello-bridge) ma in essa spaziare e sperimentare nei modi più disparati. Si può essere formulaici, ma non perforza scontati. In Ophelia appunto ci tenevo a dire che ci saranno sempre uragani inaspettati nella nostra vita, ma non per questo dobbiamo arrenderci di fronte ad essi: possiamo imparare a ballare nella tempesta. Ecco perché il bridge diventa quasi un remix dentro la canzone con un classico 4-in-cassa per farci alzare le mani al cielo. 

Chi è Serena oggi dopo questo disco che trovo liberatorio?
Qualcuno che balla nella tempesta.

Hai mai pensato di scrivere in italiano? Cerchi di non riconoscerti, cerchi di sfuggire alla tua identità?
La maggior parte del mio repertorio è in inglese, anche perché la musica che ascolto e la mia preparazione musicale è in quella lingua. Nel 2019 ho ri-iniziato a scrivere in italiano ed ho anche pubblicato una personale reinterpretazione di un classico di Battisti (E penso a te). 
Non sto sfuggendo alla mia identità, anche perché qual’è davvero “L’identita italiana”?. Sono orgogliosa della mia cultura di origine, non perdo occasione di parlarne, ma vivo all’estero da più di 9 anni, ho amicizie con persone di ogni etnia, religione e orientamento, viaggio tanto ed ho avuto la fortuna di entrare in contatto con molte realtà diverse dalla mia.  Non credo che la mia lingua madre sia l’unica cosa che mi rende “Italiana”. Credo che l’amore per l’arte & la storia, la passione e la cura dei dettagli che metto nel fare ogni singola cosa, l’affetto e le attenzioni che riverso nelle persone che amo, il rispetto per l’ambiente in cui mi trovo, questo per me è essere Italiana.