Marco Cignoli: i colori del nuovo pop, i colori della sua emancipazione


Conduttore e presentatore tv ma anche cantautore, forse da prima, forse da sempre. Marco Cignoli è proprio rapendo il coraggio dalla vita artistica altrui che approda oggi a questo esordio personale dal titolo “Coccodrillo bianco” dove trovano voce nuova e nuova forma le sue canzoni di una vita ma anche nuove scritture. E forse è proprio l’emancipazione personale che trova ampio respiro dentro questo disco di gustoso pop colorato e industriale. Suoni digitali ma anche un respiro umano che non smette mai di affascinare. Probabilmente manca quella soluzione definitiva ed efficace anche se l’introspezione, personalmente parlando, conquista sempre molto di più. Ed ecco che si staglia questo singolo (e questo video) dal titolo “Autunno centrale”.

Marco Cignoli quindi non è solo un conduttore. Come ti vedi nei panni del cantautore?
Mi sono sempre visto nei panni di entrambe le professioni. Da bambino, per giocare, mi presentavo da solo e poi cantavo: giocavo a fare sia il presentatore che il cantautore e il gioco è andato avanti per molti anni, fino a quando non ho cominciato a trasformare in realtà i sogni di Marco bambino e, nel mio piccolo, penso di esserci riuscito.

Non pensi che questa duplice veste distragga dal percorso originale? Insomma come a dire: chi sei delle due cose?
Non mi interessa nulla di tracciare un percorso riconoscibile agli altri. La maggior parte delle cose che ho fatto, in particolare quelle musicali, sono nate da un sentire e un bisogno profondo, molto distante da un certo tipo di ragionamenti. Mi sento in continua transizione, in perenne trasformazione, un po’ come il “coccodrillo bianco” che sta sulla copertina del disco pronto a sporcarsi di nuove esperienze ed emozioni.

Il pop italiano nelle tue trame prende forme assai classiche. Che rapporto hai con questo modo di pensare alla musica?
Quando ho iniziato a lavorare con Daniele e Francesco Saibene (i produttori del disco) ho chiesto loro di costruire insieme a me un mondo sonoro che mi facesse sentire rappresentato, che mi desse la sensazione di essere a casa. Sono un “uomo pop” cresciuto negli anni ’90 e mi identifico molto in questo genere. Fare altro mi avrebbe fatto sentire a disagio.

E cosa trovi invece dentro le nuove tendenze che sono di sfacciata trasgressione?
La sfacciata trasgressione non mi infastidisce, se è onesta e sentita. Mi appassionano poco i prodotti costruiti, le trasgressioni per marketing. Purtroppo, oggi è quasi tutto così.

E posso dirti che il tuo suono è decisamente inglese?
Certo che puoi! Durante la produzione del disco ci siamo accorti di alcuni richiami al sound d’oltremanica e addirittura stavamo per fare delle cose in spagnolo, perché il mio modo d’interpretare sembrava aver dentro quell’approccio quasi per natura. Chissà, magari per la prossima volta…