Intervista a Irene Olivier


Irene Olivier è nata a Belluno e fin da bambina si è dedicata a cercare la bellezza dove possibile. Per dieci anni è stata una pattinatrice artistica su ghiaccio, partecipando anche a competizioni di livello europeo. Negli anni, poi, ha sviluppato anche la passione per altre forme d’arte, come il cinema e la fotografia. Proprio quest’ultima l’ha spinta a viaggiare e partecipare a vari concorsi fotografici, fino alla pubblicazione di un suo scatto su Africa Geographic. Ha sempre amato ascoltare musica internazionale, senza mai lasciare le influenze italiane. Forse anche per questo ha scelto di iscriversi alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere a Venezia, laureandosi in inglese e spagnolo. Durante questi anni ha sempre scritto pensieri, testi e poesie in inglese, con il sogno di poter un giorno fare lo stesso per un brano musicale. Ha partecipato a più esperienze formative nell’ambito canoro, che l’hanno portata a partecipare anche a concorsi nazionali. Scrive testi in inglese perché crede che, pur essendo la musica un linguaggio universale, i testi debbano trovare un modo di arrivare al cuore di chiunque. Dopo anni di esperienza live, entra nella famiglia di StrangerArts, realizzando il suo progetto discografico. Dopo anni di esperienza live, entra nella famiglia di StrangerArts, pubblicando i brani “Witch Eyes”, “BE2”, “The Well” e “Melody” che sono stati inseriti nel nuovo progetto discografico “V-deocrazy” uscito a dicembre 2021.

“Black Van” di Irene Olivier è disponibile sulle piattaforme digitali dal 10 aprile 2022 e uscirà in radio il 22 aprile.

Come è nata la tua passione per la musica?
La mia passione per la musica c’è sempre stata. Mi ha accompagnata fina da piccola e per questo devo ringraziare i miei genitori. Grazie a loro, sono sempre stata immersa nella musica. Dalla classica al rock si è sempre ascoltato tanto e di tutto a casa nostra.
Fin da ragazzina poi mi è sempre piaciuto cantare e provare a mettere i miei pensieri in versi.
Il passaggio però dal puro canto per piacere personale alla discografia, è arrivato circa due anni fa’, quando sono stata contattata dall’etichetta StrangerArts.

Parliamo del tuo nuovo singolo. Come è nato?
Black Van a livello musicale è nato chitarra e voce, da un’idea (come sempre) di Marco Gabrielli, mio autore e produttore. E l’idea era anche, inizialmente, di lasciarlo tale. Poi però si è deciso di aggiungere una chitarra elettrica con sonorità un po’ “alla Hendrix” e di darle un tocco più rock, per quanto si resti nell’ambito pop.
A livello di testo invece mi sono ispirata completamente all’idea di un viaggio on the road; una mia immagine di Route 66 in cui ambientare una storia.

Che atmosfera si respira in questo nuovo singolo?
L’atmosfera è tutt’altro che serena o felice.
E’ molto cupa. Non siamo al livello di “oscurità”, che ha caratterizzato gran parte delle mie canzoni precedenti, ma qui c’è più un’idea di fondo di rassegnazione, che emerge molto.
L’esigenza di imparare a lasciar andare, anche se risulta essere difficile, se non impossibile.

Come è avvenuta la scelta del titolo e della copertina?
La scelta del titolo mi è stata chiara fin dall’inizio.
Stranamente questa volta ho iniziato a scrivere il testo dal suo inizio. Di solito parto dal ritornello e poi costruisco il resto attorno, ma questa volta “black van” è stata la prima combinazione di parole a venirmi in mente canticchiando qualcosa sopra la melodia, ancora prima di aver ben chiara in testa la storia che volevo raccontare. Quindi non avrei potuto dare un altro titolo a questa canzone.
La copertina invece l’ho scelta perché mi sembrava potesse dare un bell’impatto visivo, oscuro, ma comunque colorato. E vuole essere un po’ uno spartiacque rispetto alla mia produzione precedente.

Un progetto a cui vorresti dar vita, prima o poi…
Più che dar vita, spero un giorno che una mia canzone venga scelta per una colonna sonora. Sarebbe un sogno gigante.

Cosa ci riserverà la tua musica nei prossimi mesi?
In questa seconda fase della mia produzione artistica mi sto avvicinando un po’ di più al pop rock, e lasciando un po’ da parte il pop più elettronico negli arrangiamenti, che ha caratterizzato V-Deocrazy, il mio primo album (anche se una buona dose sonorità elettroniche non credo la abbandonerò mai).