Marcello Capozzi: al largo, dove ogni direzione è buona


Si intitola “Offshore” il nuovo disco di Marcello Capozzi, fresco fresco di pubblicazione per la label abruzzese I Dischi del Minollo che ha sempre puntato una luce di attenzione verso lavori che portavano insisti nel proprio DNA la sospensione, la ricerca, il suono come esperienza. Capozzi codifica tutto questo anche nel seno del pop, urbano, viscoso e digitale all’occorrenza. Una “transumanza” di intenti, dall’Italia all’Inghilterra, nelle liriche come anche nel mood degli arrangiamenti. Poi le storie di questo storytelling si rendono libere di venir usate e codificate come più ci somigliano. Indaghiamo per saperne di più…

Il disco oggi raccoglie le “stagioni” di questo lungo viaggio. Col senno di poi pensi che ci sia stata coerenza dentro tutte le “stagioni”, le uscite singole… o pensi che, a risentirle insieme, ci sia una metamorfosi, un cambiamento, una trasformazione?
La coerenza del disco risiede nella permanenza di un discorso unitario lungo un percorso di mutazione. Non ci si aspetta dai personaggi delle serie tv di restare inalterati mentre il contesto degli eventi evolve intorno a loro. Walter White di Breaking Bad trasforma la sua attitudine nel corso delle stagioni; Lester Nygaard di Fargo abbandona l'iniziale timidezza e si fa progressivamente più scaltro. Nel nostro caso abbiamo utilizzato gli strumenti a disposizione dei musicisti (melodie, dissonanze, arrangiamenti, ingegneria del suono) per articolare quel tipo di trasformazione. Le uscite singole, che hanno anticipato la pubblicazione integrale di Offshore, hanno segnato delle tappe di avvicinamento propedeutiche alla diffusione del vero e proprio album nella sua interezza. Ma si è trattato di un approccio comunicativo: Offshore è un disco concepito e prodotto (tutto insieme) per essere fruito in un unico flusso di ascolto. I brani emanano gli uni dagli altri.

Italiano e inglese. Per osmosi l’una si mescola all’altra. Posso chiederti perché?
La lingua inglese si fa largo progressivamente come parte di un rinnovato armamentario espressivo, utilizzato dal protagonista della storia per ricominciare a costruire. Il protagonista la impara gradualmente, come una seconda lingua, diventando bilingue a tutti gli effetti. L'osmosi linguistica in tal senso (fino al momento dell'attentato di Mors Tua, vale a dire finché permane un concreto contesto fattuale in evoluzione) mi è sembrata una soluzione interessante per mappare geografie e marcare il passaggio del tempo.

Che poi mi colpisce anche questa copertina. Uno stormo, un tornado, una regola e un ordine… come la vedi tu?
La vedo per quella che è: un capolavoro di sensibilità da parte dell'illustratrice Jessica Lagatta. Si tratta di uno stormo che si muove, muta, cambia forma. Se ci pensi, sono elementi correlati alle osservazioni che abbiamo fatto io e te all'inizio di questa conversazione.

Parlaci del suono di Capozzi. Dal pop al digitale passando per qualche sperimentazione o sbaglio?
Ho un cognome troppo brutto per prendere sul serio un'espressione come "il suono di Capozzi". :-) Dopo un disco introverso e monolitico come Sciopero, con Offshore ho avuto desiderio di affrontare un percorso multicolore, risolutamente comunicativo e fatto di tante aperture armoniche. Vi si trovano varie declinazioni: dimensione acustica, elettricità noise, elettronica, folk, elaborazioni sinfoniche. Il tutto è però sostenuto da un'attitudine rock. Mi sembra che le varie transizioni espressive da un brano all'altro siano molto fluide (rimarco di nuovo che il disco è concepito per essere un unico flusso in metamorfosi). Per realizzare il progetto che avevo in mente, la presenza competente e appassionata di uno stacanovista del mixer come Carlo Natoli è stata determinante.